sabato 27 luglio 2024

Capanne in pietra a secco e architettura spontanea della Maiella

A cura di Giuseppe Ferrante

La presenza abbondante di pietra sulla Maiella ha determinato l’interazione più vistosa tra l’uomo e l’ambiente. L’elemento lapideo, da ostacolo per la coltivazione della terra, si è trasformato in risorsa grazie allo spietramento, cioè la raccolta delle pietre per recuperare spazi da destinare alle colture. Dapprima l’operazione di spietramento ha prodotto cumuli di materiale litico, alcuni dei quali ancora visibili; in seguito le pietre sono state reimpiegate senza bisogno di lavorazione, per la costruzione di muretti di terrazzamento e delle caratteristiche capanne in pietra a secco, conferendo un’impronta inconfondibile al paesaggio. Queste ultime erano ripari spontanei sorti in grande quantità soprattutto nel XIX secolo, in seguito all’occupazione dei terreni di media ed alta montagna a scopo agricolo più che pastorale: esse rappresentavano il modo più razionale ed economico di sfruttare la risorsa inesauribile rappresentata dalle pietre tolte dai campi, in modo da coniugare l’utilità all’occupazione del minor spazio possibile. I muretti di pietra a secco nascono, come le capanne, dalla necessità di liberare dalle pietre i terreni pedemontani adibiti ad uso agricolo, e per creare terrazzamenti e strutture di contenimento del terreno.

 Nel momento in cui i terreni pianeggianti erano stati tutti occupati, si pose la necessità di recintare e terrazzare i pendii più difficili da coltivare. I terrazzamenti seguono l’andamento delle curve di livello e sono anch’essi costruiti a secco senza leganti o malte; la grande stabilità, che ha consentito loro di resistere praticamente intatti fino ad oggi, è dovuta ad una particolare struttura che facilita il drenaggio dell’acqua.

Da un punto di vista tipologico, le capanne in pietra a secco vengono distinte in base alla loro forma esterna, alla pianta e al tipo di ingresso.  Definite impropriamente anche “tholoi”, le capanne locali sfruttano come questi ultimi la tecnica trilitica non spingente, con massi disposti in filari progressivamente aggettanti a formare una falsa cupola. Si tratta di una metodologia costruttiva abbastanza ripetitiva nella quale la consistenza muraria fungeva da punto di riferimento: stabiliti l'ampiezza e lo spazio abitativo interno con una prima posa di pietre, si procedeva successivamente a realizzare un basamento con l’incastonatura delle pietre al fine di ottenere il punto di scarico dei pesi.

Queste strutture spontanee sono dislocate in diversi luoghi della Maiella, con una concentrazione più marcata  nei territori dell'unione "Città della Maiella" nei comuni di Lettomanoppello, Roccamorice e Abbateggio.



Nessun commento:

Posta un commento