A cura di Giuseppe Ferrante
L’artista tedesco a Lettomanoppello
venne ospitato dallo scalpellino Sante Aceto presso le proprie botteghe per
dare seguito alle opere contenute nella cosiddetta “Difesa della Natura”. Tra lo scalpellino di Lettomanoppello e
l’artista di Dusseldorf nacque un’amicizia sincera e duratura. Grazie ad Olivestone, la pietra della
Maiella cavata a Lettomanoppello è stata esposta presso le mostre d’arte più
importanti al mondo. Oggi Olivestone
è custodita dalla collezione d’arte contemporanea del Kunsthaus di Zurigo.
Lettomanoppello e Bolognano: due paesi
all’incirca limitrofi, che condividono la stessa vocazione per la creatività,
per il bello e per l’arte. La comunanza di questi due centri, però, non risulta
soltanto dalla diversa risposta offerta con una produzione artistica aggiornata
alle tendenze contemporanee, ma anche da fatti, personaggi, luoghi, che hanno unito idealmente i due borghi alla
figura di Joseph Beuys, artista di fama internazionale che in Italia, proprio
tra Bolognano e Lettomanoppello, ha condotto i suoi ultimi lavori prima di
morire in Germania nel 1986. Dalla tradizione degli scalpellini di
Lettomanoppello, dal mecenatismo dei coniugi Baroni Durini di Bolognano, e con
la consapevolezza del proprio ruolo di “artista
sciamano” in grado di visionare il futuro, Beuys ha avvertito il bisogno di
comunicare una preghiera laica, un messaggio universale. Una richiesta
disperata di attenzione su questioni sulle quali è tuttora urgente uscire dai
limiti teorici, per dare seguito a gesti concreti, perentori, privi di
tentennamenti.

Difendere gli spazi naturali, riscoprirsi comunità che sa
accogliere, arrestare l’emorragia della memoria che disperde saperi, legami,
identità, sono propositi che si rintracciano in Olivestone, scultura in pietra della Maiella che, forse, è
l’opera d’arte più famosa realizzata con la pietra cavata a Lettomanoppello. Olivestone consiste in una serie di
vasche dalla originaria destinazione d’uso tutt’altro che artistica,
appartenenti alla società di un tempo passato che, seppur può essere percepito
come arcaico, distante, drammaticamente perduto, non è poi così lontano dal
nostro (le vasche risalgono al Settecento). Non si tratta di un tuttotondo, di
un alto o basso rilievo, e i manufatti non concedono alcun accenno estetico,
decorativo, figurativo. Le vasche impiegate dallo “sciamano” Beuys non sono
altro che l’altra faccia di una medaglia che ha per protagonisti gli
scalpellini di Lettomanoppello, abili decoratori, ma anche costruttori di
suppellettile destinata ai più svariati usi, come ad esempio gli oggetti di
ausilio per l’attività agricola. Le vasche impiegate per Olivestone, infatti, appartenevano ad un repertorio di contenitori
utilizzabili all’occorrenza o per la pigiatura dell’uva, oppure per la
decantazione dell’olio, ed erano di proprietà della famiglia Durini che, sostenitori
e mecenati dell’arte beuysiana, furono felici di donarle.
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