lunedì 29 luglio 2024

La croce trecentesca di Lettomanoppello

 A cura di Giuseppe Ferrante

In diversi centri dell’Abruzzo medievale l’arte dell’oreficeria è stata particolarmente prolifica, con produzioni straordinarie destinate alle grandi abbazie e chiese monumentali non soltanto dell’Abruzzo, ma anche delle regioni limitrofe.

L’Aquila, Sulmona, Lanciano, Penne, Teramo, Guardiagrele (quest’ultima patria del celebre maestro Nicola), sono state le città che maggiormente hanno dedicato maestranze alla fusione e alla modellazione dei metalli. Oro, argento, pietre preziose, oltre che metalli non nobili (ma anch’essi costosi) venivano regolarmente impiegati per ottenere ostensori, croci processionali, reliquari (e molto altro). Con degli statuti venivano designate le regole e specificate le sanzioni da applicare nel caso in cui un artista avesse truffato il proprio committente, impiegando meno metallo di quanto stipulato per contratto. La garanzia veniva sancita dal bollo apposto sui manufatti dalle officine designate direttamente dai provvedimenti reali. Le sole officine regionali designate a garantire le committenze affinché gli artisti rispettassero i quantitativi di metallo concordato erano site a L’Aquila e a Sulmona. Dei saggiatori, infatti, dopo aver fatto delle verifiche, imprimevano dei bolli di garanzia sulle opere: il bollo con le iniziali SUL veniva impresso a Sulmona, mentre a L’Aquila il bollo con le iniziali AQ.

Proviene da Lettomanoppello (ma custodita presso la diocesi Chieti-Vasto)

una croce di pregevole fattura ottenuta con le tecniche dello sbalzo e della cesellatura, con i terminali dei bracci trilobati. Di tale manufatto non si conosce né l’artista che ha eseguito il lavoro, né il committente. Per comparazione con altri tipi, però, è possibile inquadrare sia l’ambito cronologico con una datazione al XIV secolo, sia l’ambito geografico di produzione individuato nella scuola sulmonese. La croce lettese è di quelle definite processionali, ossia impiegate di norma nelle celebrazioni del periodo pasquale. Di questa tipologia, nelle botteghe di Sulmona, ne sono state prodotte tantissime in epoca medievale e destinate agli edifici religiosi sparsi sulla Maiella. L’impostazione iconografica è assai particolare: sul Recto è presente al centro il crocifisso, in alto ed in basso due angeli, a sinistra una santa (forse la Madonna), a destra un santo. Sul verso, invece, al centro troviamo raffigurato un abate (forse il committente), mentre ai lati dei bracci ci sono i quattro evangelisti. Lungo i bracci è possibile osservare anche tre medaglioni raffiguranti: un vescovo in basso, la Madonna con Bambino a sinistra, un monaco a destra. Un’altra particolarità della croce di Lettomanoppello è che il rame, il ferro, e un piccolo quantitativo di argento, ricoprono un’anima di legno. Ciò denota che seppur la committenza apparteneva alle gerarchie ecclesiastiche, questa tuttavia non doveva essere particolarmente facoltosa per potersi permettere un manufatto interamente in metallo.

sabato 27 luglio 2024

Capanne in pietra a secco e architettura spontanea della Maiella

A cura di Giuseppe Ferrante

La presenza abbondante di pietra sulla Maiella ha determinato l’interazione più vistosa tra l’uomo e l’ambiente. L’elemento lapideo, da ostacolo per la coltivazione della terra, si è trasformato in risorsa grazie allo spietramento, cioè la raccolta delle pietre per recuperare spazi da destinare alle colture. Dapprima l’operazione di spietramento ha prodotto cumuli di materiale litico, alcuni dei quali ancora visibili; in seguito le pietre sono state reimpiegate senza bisogno di lavorazione, per la costruzione di muretti di terrazzamento e delle caratteristiche capanne in pietra a secco, conferendo un’impronta inconfondibile al paesaggio. Queste ultime erano ripari spontanei sorti in grande quantità soprattutto nel XIX secolo, in seguito all’occupazione dei terreni di media ed alta montagna a scopo agricolo più che pastorale: esse rappresentavano il modo più razionale ed economico di sfruttare la risorsa inesauribile rappresentata dalle pietre tolte dai campi, in modo da coniugare l’utilità all’occupazione del minor spazio possibile. I muretti di pietra a secco nascono, come le capanne, dalla necessità di liberare dalle pietre i terreni pedemontani adibiti ad uso agricolo, e per creare terrazzamenti e strutture di contenimento del terreno.

 Nel momento in cui i terreni pianeggianti erano stati tutti occupati, si pose la necessità di recintare e terrazzare i pendii più difficili da coltivare. I terrazzamenti seguono l’andamento delle curve di livello e sono anch’essi costruiti a secco senza leganti o malte; la grande stabilità, che ha consentito loro di resistere praticamente intatti fino ad oggi, è dovuta ad una particolare struttura che facilita il drenaggio dell’acqua.

Da un punto di vista tipologico, le capanne in pietra a secco vengono distinte in base alla loro forma esterna, alla pianta e al tipo di ingresso.  Definite impropriamente anche “tholoi”, le capanne locali sfruttano come questi ultimi la tecnica trilitica non spingente, con massi disposti in filari progressivamente aggettanti a formare una falsa cupola. Si tratta di una metodologia costruttiva abbastanza ripetitiva nella quale la consistenza muraria fungeva da punto di riferimento: stabiliti l'ampiezza e lo spazio abitativo interno con una prima posa di pietre, si procedeva successivamente a realizzare un basamento con l’incastonatura delle pietre al fine di ottenere il punto di scarico dei pesi.

Queste strutture spontanee sono dislocate in diversi luoghi della Maiella, con una concentrazione più marcata  nei territori dell'unione "Città della Maiella" nei comuni di Lettomanoppello, Roccamorice e Abbateggio.



venerdì 26 luglio 2024

Lo straordinario pavimento di San Liberatore a Maiella

 A cura di Giuseppe Ferrante.

Tra le abbazie presenti in Abruzzo merita particolare attenzione San Liberatore a Maiella, edificio monumentale dipendente in passato dal monastero di Montecassino. Situato a Serramonacesca, il complesso abbaziale è incastonato nel verde lussureggiante di un territorio ricco di altre testimonianze storiche e archeologiche. Le origini di San Liberatore risalgono a prima dell'anno 1000, ma a causa della serie di terremoti storici della Maiella la struttura originaria è stata più volte rimaneggiata. Anche per questi motivi ci sono stati periodi di decadenza che si sono alternati ad altri di estrema floridezza economica e di rinascita culturale.

Uno dei momenti di maggiore vitalità della fabbrica di San Liberatore ha coinciso con la presenza a Montecassino dell'abbate Desiderio attorno al 1080. Desiderio, infatti, era molto legato a San Liberatore a Maiella e pare che vi abbia soggiornato in diverse occasioni, anche in seguito alla sua elezione a papa avvenuta nel 1086 col Nome di Vittore III. Le vicende di San Liberatore, però, non si esauriscono con Desiderio. Infatti una parte di pavimento ancora presente all'interno dell'edificio è di molto posteriore al periodo desideriano. Si tratta di una decorazione in opus sectile, ossia una tecnica impiegata fin dall'antichità per realizzare decorazioni geometriche o figurative con l'utilizzo di pietre dure e marmi. Un'iscrizione ritenuta parte integrante del pavimento consente individuare la data in cui è stato realizzato: ANNO MILLENO CUM QUINTO / ET DUCENTENO FIUNT HAEC ORDINE PLENO. Il pavimento, dunque, risale al 1275 quando a Montecassino era abbate Bernardo Ayglerio. Le colorazioni e i motivi geometrici del pavimento di Serramonacesca non solo contribuiscono ad impreziosire l'interno del complesso, ma collocano l'abbazia di San Liberatore al pari di altri esempi coevi rintracciabili presso la chiesa di San Menna di Sant'agata dei Goti, della cattedrale di Sessa Aurunca, che hanno preso spunto dal più antico opus sectile dell'abbazia madre di Montecassino.

giovedì 25 luglio 2024

L'uomo di Neadertal a Lettomanoppello

 A cura di Giuseppe Ferrante.

Nell’aprile del 1980 Marcello Maggiori si trova a Lettomanoppello per indagare il territorio della Maiella.

Durante una ricognizione sopra il paese scopre un giacimento di manufatti in pietra. Queste pietre denunciano l’utilizzo della tecnica dell’industria litica detta levalloisiana, cioè una peculiare metodologia per la scheggiatura della selce. Sempre Maggiori riesce ad isolare anche le tracce di una seconda tecnica di lavorazione chiamata levalloiso-musteriana con la presenza di attrezzi in materiale litico.

Il luogo preciso di questi ritrovamenti è assai suggestivo perché su di esso insistono più motivi di interesse storico e culturale come la presenza di un ingresso di una miniera del famoso bacino minerario della Maiella, le cave degli scalpellini, e la famosa grotta del San Michele Arcangelo. Stiamo parlando della zona prospiciente il Fosso Sant’Angelo indicata con il toponimo Costa dell’Avignone.

I manufatti che Maggiori raccoglie sono circa 200 e il loro stato di conservazione è pressoché ottimo. È interessante segnalare che questa industria litica è stata realizzata in loco con pietra trovata localmente e può essere datata al Paleolitico Inferiore e alla presenza dell’Homo Neandertalensis.

La catalogazione effettuata, dunque, si compone di 13 nuclei, 100 schegge di rifiuto e 90 schegge rilavorate perché riutilizzate più volte. Fra queste ultime un numero considerevole è rappresentato dalle schegge laminari con piano di percussione a più faccette, anch’esse rimaneggiate. Fra i nuclei, ce n’è uno piramidale di tecnica levalloisiana in cui risulta l’asportazione di 8 lame lunghe 7 cm. Vi sono anche alcune punte levalloiso-musteriane di dimensioni ragguardevoli, come un tipo che misura 9 cm. Abbiamo infine una punta lavorata in tecnica musteriana. 

Infine è da sottolineare la presenza di uno strumento bifacciale di tradizione acheuleana della lunghezza di 9 cm e impiegato come raschiatoio.


L'antica Cusanum

A cura di Giuseppe Ferrante

Cusano è stato luogo di incontro per diverse generazioni di maiellesi residenti ad Abbateggio, Roccamorice, Lettomanoppello, San Valentino, impegnati a lavorare nel bacino minerario della Maiella. Ancora oggi, per molti abitanti della vallata del Lavino, Cusano è associato a quel pezzo di storia industriale che ha riguardato questo territorio. In località Cusano sono stati rinvenuti un’epigrafe funeraria e un piccolo altare per le offerte votive che suggerisco la presenza in zona di una necropoli.

Da questa interessante serie di ritrovamenti archeologici capiamo che la storia di Cusano è assai più antica e denota anche una certa continuità abitativa fino ai primi secoli del Medioevo. In alcune zone della Maiella, infatti, si osserva la frequentazione dei latifondi delle fasce pedemontane proprio come nel caso dell’antico fundus romano di Cusanum, ancora ben popolato nel periodo tardoantico e durante le fasi iniziali dell’avvento dei Longobardi.

Infatti le successive attestazioni di proprietari terrieri sul versante settentrionale della Maiella in età tardoantica dovevano riferirsi alla presenza di genti di stirpe germanica (in seguito longobardi) stabilitesi nei preesistenti insediamenti di Cusanum e nei territori limitrofi, garantendo la continuità abitativa nell’area della Maiella occidentale. 

Uno dei tanti esempi è la fondazione da parte del popolo longobardo di una chiesa dedicata a San Michele Arcangelo e addossata ad una grotta di Lettomanoppello.